L'accesso fortunoso mi è consentito da un pertugio aperto da un brivido, da una risata innaturale. Al centro della stanza un astrolabio in congiunzione fissa Venere e Urano.
“Finestre aperte e luminarie accese”, ripete l'adagio appeso alle pareti.
All'interno giaci avvinta tra mille cuscini, distrutta dalla scelta di dove posare il capo. Mi vedi. Avanzi verso di me e mi porgi un libro. “Scrivi” mi dici. “Scrivi di te e me”.
Prendo il libro gonfio e mi siedo a terra, in un loto bambino. Lo apro e comprendo. Non una pagina è salvata, tutto è sporcato da una lorda tara pesante. Sorrido, lo poso in disparte.
Il maleficio è stato lavato, lo sento. La tua pelle sta perdendo la patina nera, si sbriciola e cade. Stai mutando.
E in questo scuotersi di anime le mie parole necessitano di ben altro supporto. Reale e doloroso. E che forse ha come scrigno il tuo corpo.
[...]
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