Oscuri Dei che tremano per la loro ingiustizia o un solo Dio che soffre per le prove che impone, l'uomo che si trascina così attonito sul deserto di fango che lo genera e poi lo inghiotte. Ma Tu mi hai confortato.
Ti ritrovo in bilico d'apnea le mani strofinacci che di nuovo sei in balia di una rima che allacci Di parole si può vivere mi hai detto stamattina mentre un sole stretto apriva nuvole Come sono quando pensi a me? Un nome un suono di due sillabe? O il centro di un qualcosa che non si crea? L'istinto a cui si è arresa ogni tua idea? Potessi amore esser nemmeno una donna ma il punto esatto del foglio dove ti scivola nero il tratto di penna. Sbuco da un riflusso di pazzia e muto adesso, tu di ghiaccio, sembri già in balia di un altro abbraccio. Cos'è un uomo senza più realtà Un nome, il suono di una pagina Sei il centro di un qualcosa che non si crea L'istinto a cui si è arresa ogni mia idea Ma se potessi amore soffiarti via quel pensiero che a tratti mi pare ti toglie il respiro e la moglie dagli occhi.
"Sembrava facile toccarlo con un dito", dice, "ma il cielo ci ha voluto tutti fermi". (F.Guccini) Ero solo un giovane apprendista Botticelli il mio maestro, e tu eri una modella, ed io ti ho vista come si vede per la prima volta il cielo a tu per tu... (M. Castelnuovo)
E’ davvero un peccato e non sta bene, ma chi se ne frega: le donne mi ricordano capelli nell’acquaio, le donne mi ricordano intestini, e vesciche e movimenti di muscoli escretori; è anche una disgrazia che coni dei gelati, bebè, le valvole meccaniche, i plagiostomi, palmizi orme nel corridoio...tutti mi infondano la gelida calma della pietra tombale; forse il solo rifugio è nel’udire che sono esistiti altri uomini disperati: Dillinger, Rimbaud, Villon; Babyface Nelson, Seneca, Van Gogh, o donne disperate: lottatrici, infermiere, domestiche, puttane poetesse...sebbene, preparare i cubetti di ghiaccio credo proprio che sia importante o un topo che annusa una lattina di birra vuota - due vuote cavità che si confrontano, o il mare notturno inchiodato di navi sporche che t’entrano con le luci nella cauta ragnatela del cervello, con le loro luci salate che ti sfiorano e ti lasciano per il più solido amore di un’ India; o coprire lunghe distanze senza ragione stordito dal sonno attraverso finestrini aperti che ti gonfiano la camicia come un uccello impaurito, e sempre i semafori, sempre rossi, fuoco notturno e disfatta, la disfatta... scorpioni, rottami, pesi da portare: ex lavori, ex mogli, ex facce, ex vite, Beethoven morto stecchito nella tomba; carriole rosse, sì, forse, o una lettera dall'Inferno firmata dal demonio o due bravi ragazzi che se le danno di santa ragione in qualche stadio pieno di fumo urlante, ma il più delle volte me ne sbatto davvero, qui seduto la bocca piena di denti cariati, qui seduto a leggere Herrick e Spencer e Marvell e Hopkins e Bronte (Emily, oggi); che ascolto La strega di Dvorak o Le Chasseur Maudit di Franck, me ne sbatto davvero, ed è un peccato: ho ricevuto lettere da un giovane poeta (giovanissimo, sembra) che mi dice che un giorno sarò certamente riconosciuto come uno dei migliori poeti al mondo. Poeta! una malversazione: oggi ho camminato nel sole e nelle strade di questa città: senza vedere nulla, senza imparare nulla, senza essere nulla, e tornando alla mia stanza ho incontrato una vecchia che sorrideva di un sorriso orribile; era già morta, e dappertutto ricordavo fili: telefonici, elettrici, fili per visi elettrici chiusi nel vetro come pesci rossi e sorridenti, e gli uccelli erano spariti, nessuno degli uccelli voleva un filo o il sorriso del filo e ho chiuso la porta di casa (finalmente) ma oltre le finestre era lo stesso: una tromba suonò, qualcuno rise, l’acqua corse in cesso, e stranamente allora pensai a tutti i cavalli numerati, che sono passati tra le urla, passati come Socrate, passati come Lorca, come Chatterton... mi piace immaginare che la morte non avrà troppa importanza se non per un problema di smaltimento, un problema come lo scarico di rifiuti, e anche se ho tenuto le lettere del giovane poeta, non credo in esse ma come i palmizi malati e il tramonto del sole ogni tanto le guardo.