"Lo sai Giulia, che stamattina al parco un vecchio mi ha chiesto una cartina? Sì, una mappa stradale. Mi ha detto che vive in questa zona da quarant'anni e non l'ha mia vista sopra una mappa."[...]
Parliamo sottovoce, ci teniamo per mano. Mi piace raccontarle quello che ho visto durante il giorno e sentire cosa ha da dire. Di solito lascio a lei le riflessioni, io mi limito a descrivere i fatti.
"Chi c'è la mattina al parco?"
"I proprietari dei cani e i cani."
"E tu che fai?"
"I cani non li guardo mai. Mi fanno paura. Mi fa paura anche l'idea che loro sappiano che mi fanno paura."
"E che ci vai a fare?"
"E dove vado? Il metrò è chiuso, i bar pure. Se avessi un cane sarebbe perfetto. Trent'anni in più e un cane e farei perfettamente parte del paessaggio. Giulia, si troverà una cartina di questo quartiere da qualche parte?"
"Vuoi diventare amico di quel vecchio?"
Si, nella mia vita senza amici, che più o meno va avanti da quando sono partito, mi capita di commuovermi fino alle lacrime per un gesto di gentilezza e tra questi gesti ci metto anche uno che mi rivolge la parola.
Non mi vergogno con Giulia ad ammetterlo.
"Mi sento solo, Giulia"
Non avere amici significa fare a meno degli altri: me stesso che si ritrova a parlare a me stesso. Di solito c'è una certa complicità tra i due, ma a volte uno dei due si sente deluso dall'altro e si ammutolisce. A quel punto mi viene a mancare anche l'ultima possibilità di dialogo.
Sono in questi momenti che, se la commozione arriva, arriva come una botta violenta che non riesco a ricacciare dentro.
L'assoluta gratuità di un gesto, il senso di solidarietà.
Sono cose che esistono, le ho viste con i miei occhi e potrei piangere per questo, per un'unica stupida frase. Come è successo con il vecchio stamattina al parco.
Ma a volte ho pensato che fossero angeli.
[…]
Questo tipo di angeli appaiono solo quando vedi in faccia la solitudine e ti rendi conto che ne hai paura.
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