Can, no te si mio.
Te ga n’altro paron.
Te si magro e straco
ma un ocio bon me par.
Te vardo parché si, can, te me piasi.
Te va de qua de là, te nasi
e po’ te lassi star.
Te co to trotéto
che la strada no pesa. Sito sito.
Dove? No se sa.
Can, se te digo tuto, me scóltitu?
Senti: son vegnù qua
ne la casa granda dei veci
che xe mort, solo.
Ti, te si entrà dal me restel za verto
in giardin par vardar.
Cossa vardar? Un omo griso
tra do ortighe che fiorisse e che more
ogni ano, can.
Can ti te conossi el to paron
e col te bate te pianzi e te ridi
a la to moda dopo.
Mi so gche go paron,
ma chi ch’el sia no so. No l’ho mai visto
e col me bate bastemo.
Eco qua. Son tornà ne la me càmara,
vècia a copar i mussati sui muri
co’ la savata, ogni sera.
Son tanto stufo, can.
No ghe ne posso più de strussiar.
Ti come mi. E pur te speri, te vivi
e la to ànema va drio le to gambe
da canton a canton
su la strada ogni dì.
Can pien de pulzi, de forza, de fame,
can tuto curame.
Can grando can serio can mai contento,
can pien de tormento.
Can desparà can superbo e curioso
can capriçioso.
Can co’ le cagne ogni tanto; can bon
can savaton.
Can moscador, pien de farfale in testa,
can da festa
e da lavoro. Can senza partìo,
can finìo.
Can de scuor,can cazzadór, can foresto
ma de sèsto.
Can che dorme, rustego; can maton
sempre de sbrindolon.
Can povero e sior, tuto el dì a çercar
quel che no te pol trovar.
Can drito e s-cièto de drento e de fora,
can de la malora.
Tuto can.
Vien qua, Dame la sata, can.
E po’ scampa, scampa, se no te bato
(mi, mi , me bato. . .). Frusta via, can.
Cos'è?
martedì 21 dicembre 2010
Can - Ernesto Calzavara
lunedì 20 dicembre 2010
Poeta - Romano Pascutto
Esser poeta l'è gnent
difiçie l'è star dret
co te va massa alt
co te va massa bass
come 'na bala de tocai
e l'è 'na bala de anema
sabato 18 dicembre 2010
Alla beatrice - Giovanni Giudici
Beatrice sui tuoi seni io ci sto alla finestra
arrampicato su una scala di corda
affacciato dal fuori in posizione precaria
dentro i tuoi occhi celeste vetro
dentro i tuoi vizi capitali
dentro i tuoi tremori e mali
Beatrice sui tuoi seni io ci sto a spiare
ciò che fanno seduti intorno a un tavolo
i tuoi pensieri su sedie di paglia
ospiti appena arrivati o sul punto di partire
raccolti sotto la lampada gialla
uno che ride uno che ascolta e uno che parla
Beatrice dai tuoi seni io guardo dentro la casa
Dalla notte esteriore superstite luce
Nella selva selvaggia che a te conduce
Dalla padella alla brace
Estrema escursione termica che mi resta
Più fuoco per me tua minestra
Beatrice – costruttrice
Della mia beatitudine infelice
Beatrice dai tuoi seni io vengo a esplorare com’è
La stanza dove abitare
Se convenienti vi siano i servizi
E sufficiente l’ordine prima di entrare
Se il letto sia di giusta misura
Per l’amore secondo natura.
Beatrice dunque di essi non devi andare superba
Più che dell’erba il prato su cui ci sdraiamo
Potrebbero essere stracci non ostentarli
Per tesori da schiudere a viste meravigliate
I tuoi semplici beni di utilità strumentale
Mi servono da davanzale
Beatrice – dal verbo beare
nome comune singolare.
giovedì 16 dicembre 2010
Campidoglio - Jorge Eduardo Eielson.
Lei non sa quanto pesa
un cuore solitario
ci sono notti in cui la lana scura
la lana tiepida che mi protegge
arriva fino in cielo
e mentre dormo mentre respiro
mentre singhiozzo
mi si versa il latte bollente
sul viso
e allora una maschera magnifica
col sorriso del re di spade
copre il mio pianto
e tutto questo non è niente ancora
lei non mi crederà
ma lottare lottare lottare
tutte le notti con una tigre
fino a trasformarla in magnolia
e svegliarsi
svegliarsi ancora e non sentirsi
stanco e rifare ancora
striscia dopo striscia la stessa odiata tigre
senza dimenticare gli occhi gli intestini
né l’alito fetido
tutto questo per me
è molto più facile molto più leggero
mi creda
che non trascinare ogni giorno
il peso di un cuore desolato
mercoledì 15 dicembre 2010
Non guardo di fino - Agostino Colombo
Sono uno che non guarda di fino, non un pignolo; non
uno spaccapelo,
a me basta camminare accanto al carro, sentire lo zoccolo
quieto,
un toc dopo l’altro; e andare: a briglia sciolta
mi scelgono le strade, come per la necessità del caso
e se sono tanti gli imbocchi uno solo è lo sbocco: un prato
dove ti troverò distesa e candida. Hai un vestito tutto ricamato
a fiori
e sei giovanissima, come me del resto che mi stendo accanto
tra le labbra uno stelo e la camicia bianca e pulita
e guardiamo tutti e due il cielo che non ha nuvole
e posso toccarti come fossimo in vita; invece siamo eterni
e vediamo ogni specie di fiore e di pianta e di animale
e il cavallo che tanto ha faticato è lì anche lui e quieto.
martedì 14 dicembre 2010
Fuori orario
Mi presenterò dinanzi alla tua torre di cuscini,
mi dirai di chinare la testa e riposare, mi dirai
di ciò che scalda, di ciò che fa addormentare,
mi darai dell'oppio, pulito con del miele.
Come potrò fuggire?
Chiuderò le mascelle, sentirò la lingua stringersi,
lei che del canto è la forma, mi dovrà pur aiutare.
Mi costringerò in pensieri di more, di viole mammole,
di rosa canina, rosa spina piccina piccina.
E mi riprenderai!
Con più violenza e con decisione, il mio respiro
in apnea spontanea saprai gelare.
Il biglietto lo faccio due giorni prima, mi presento in anticipo, goffo nella scusa di una sigaretta attendo attendo..chiudo le ginocchia al petto, le cosce a stringermi in basso, fino a quasi dolore..labbra chiuse, vene strette, occhi spilli, nervi veri di verve Katmandù.
Andrew Motion - Sul tavolo
Ci terrei a precisare che ho comprato
con il suo semplice disegno ripetitivo
di fiori viola scuro non menzionati
perché mi ricorda quel vestito stampato
l’estate che ci siamo conosciuti (un vestito
che non ti ho mai detto che mi piaceva).
Mi piaceva un sacco, che ci fossi tu dentro
Come è potuto uscirsene così in silenzio
Detesto (proprio detesto) l’idea di qualche
che faccia svolazzare a sinistra e a destra
Detesto ancor più immaginarmelo sgretolarsi
o fatto a brandelli – un pezzo qui che pulisce
un pezzo là intorno a una crepa in un tubo
È passato tanto tempo ormai, amore mio,
ma stanotte proprio come la nostra prima
la testa leggera tra le mani e il bicchiere
che fisso i grossi petali sonnolenti fino
amandoli ma con il desiderio di sollevarli,
persino di farli a pezzi, se questo è quanto
alla tua bellissima pelle, desiderosa,
giovedì 21 gennaio 2010
Ernesto Calzavara "L'auto-di-pioggia"
mercoledì 20 gennaio 2010
Ernesto Calzavara - e
martedì 12 gennaio 2010
Carolus L. Cergoly - Tristezza d'ospedai
Indulgenze
lunedì 11 gennaio 2010
Ernesto Calzavara - Le api del faraone
domenica 10 gennaio 2010
Haiku - Cane in città
Ernesto Calzavara - Orbo a Venezia
Wisława Szymborska - La cortesia dei non vedenti
sabato 9 gennaio 2010
Giacomo Noventa - Par vardar
mercoledì 6 gennaio 2010
Senza bussola - Luciano Erba
Ria - Oscar Locatelli
martedì 5 gennaio 2010
Risintonizzazione in corso
domenica 3 gennaio 2010
Dedicato alla matrigna, ad un anno dall'adozione.
Hohò Trieste
Città del mondo
Balorda e coccolona
Senza creste
Zufoli flà flà
O Trieste
Vestida a la birbona
Maia de mariner
Cotole a pieghe
Gambe cavalle
In scarpe carsoline
Hohò Trieste
Lunatica nervosa
Imborezzo de feste
Groppo de pentimenti
Del nord ocio celeste
Del sud pelle de sol
E satanassi in corpo
Asmodeo con Tobia
Lotta che mai finissi
Hohò Trieste
E la Locanda Granda
Carlo colonna
Sesto d’Asburgo
Canto de Saba
Colori de Veruda
Prosa de Svevo
Analisi de Weiss
Questio Vivante
Palazzo de Carciotti
E de Plenario Barche in Canal
E mussoli ai cantoni
Da Servola a Roian
Da Opcina a Dolina
Strenzemose la man
Monte e marina
Hohò Trieste
Contime le fiabe
De Smito e de Popò
De sior Intento
Strighezzi de la nonna
In dondolo sentada
Ghirigori parole
Tiritere colori
Coriandoli allegria
Nonna
Son sempre mi
El putel vestì
De mariner
Su la berretta
El nastro Tegetthoff
E la franzetta
Bionda dei cavei
Ben pettinada
Hohò Trieste
Del si del da del ja
Tre spade de tormenti
Tre strade tutte incontri
O Trieste
Piazze contrade androne
Piere del Carso
Acqua de marina
Tutte t’ingrazia
Mettile in vetrina
E mi insempià
Col naso contro vetro
Vardo e me godo
Le bellezze tue
Hohò Trieste
Filtro ch’inverdissi
Sui pastini riposa
El mio cantar
Coi ghiribissi
Dei refoli de bora
Dei rizzi d’onda
Dei nuvoli a sfi lazzi
O Trieste
Caro viso
Adorabile volto
Inferno e paradiso
Mio albero cressù
Dentro de mi
Con la radise in cuor
Col fi or in bocca
Senti Trieste
El mio hohò
Forte innervà
Come l’onda
Contro la scogliera
Piantada fonda
Tra Barcola e Duin
La «Lepa Vida»
Prinz Thurn und Taxis
Trieste colibrì
O superstar
Mondo Trieste
Con quel tuo far
Sportivo e tirabasi
Eccote
sul piedestal
In passerella
Batté marteì
Sora scarpei
Cave de Nabresina
Alla mia bella
Aliga e tiglio
Modelleghe le man
Che sa far tutto
Prore vanghe
Fòndaci negozi
E ste poesie
De mi
Sconte in Certosa
Amici
Calici in alto
Sangue de Domovoi
Ecco el Terran
In gran pavese
El Lloyd
Vesti i vapori
Salve barone Bruck
Bevo al tuo sogno
Settanta milioni
De nuvoli cavalco
Hihi hihi cavallo
Trotta gineto
La mamma vien dal ballo
Hohò hohò Trieste
«Es klingt und singt das blaue Meer»
O Trieste
Baso de Ninfa
Come cantava Max
Fiore d’Asburgo.
(Carolus Cergoly)